2 agosto 1942. Il commissario del Reich fa arrestare di tutti i religiosi e le religiose non ariane presenti nei conventi, in tutto 300 religiosi. Quel giorno, suor Benedetta continua a lavorare al suo libro Scientia Crucis, così scrive di quel pe- riodo: «Quando, dopo la celebrazione del mattino all’altare di Dio, intraprendo il lavoro della giornata, tutto diventa tranquillo in me e la mia anima si libera di tutto ciò che può turbarla o prostrarla, riempiendosi di una santa gioia, di coraggio e di brio. Essa è diventata grande e libera perché, dopo essere uscita da se stessa, è entrata nella vita divi- na». Alle 17,00 la Gestapo arriva anche al convento di Echt e chiede delle sorelle Stein. Così racconta la Madre priora: «feci uscire suor Teresa dal coro, [...] capii che la cosa era ben altrimenti grave di quello che avevo pensato, e fui pre- sa da paura. Uno degli ufficiali SS ingiunse a suor Teresa di uscire di clausura entro cinque minuti. La udii rispondere: “Non lo possiamo, le nostre regole di clausura sono molto severe”. “Distruggete tutto questo” - gridò il nazista (intendeva le grate) - “e uscite di qui”. “Dovrete costringermi con la forza” - replicò con calma. Al che, l’uomo coman- dò: “Chiamatemi la superiora”. Mi disse: “Se osasse rifiutarsi di lasciar uscire suor Stein, può immaginare le conse- guenze che questo avrebbe sulla sua casa”. In serata il commissario assistente del Reich Schmidt in un discorso uffi- ciale proclamò che si trattava di una misura di rappresaglia in risposta alla protesta dei vescovi olandesi: le autorità tedesche si vedevano costrette a “perseguitare gli ebrei cattolici come i loro peggiori nemici” e ad “assicurare al più presto la loro deportazione verso l’est”. Sappiamo da alcuni amici che riuscirono a incontrare furtivamente Edith nel campo, che gli arrestati furono condotti ad Amersfoort dove ella incontrò parenti e conoscenti ma dove i prigionieri avevano subito ogni specie di vessazioni, poi erano stati spinti a colpi di calcio di fucile dalle SS nei dormitori.

3 agosto 1942. Il mattino un treno parte per Westerbork (al nord del paese): da quel campo le sorelle Stein riescono ad inviare messaggi a Echt e a rassicurare le consorelle dicendo: «Qualunque cosa accada sono pronta a tutto. Il bambino Ge- sù è anche qui in mezzo a noi». Un commerciante ebreo di Colonia sopravvissuto e che frequentò suor Teresa dice: «Si distingueva per il suo comportamento tranquillo. Le grida, i lamenti, lo stato di sovraeccitazione angosciosa dei nuovi arri- vati era indescrivibile! Suor Teresa si recava tra le donne calmando e curando: molte madri sembravano cadute in una spe- cie di prostrazione, vicino alla follia: se ne stavano a gemere come inebetite, abbandonando i loro figli. Suor Teresa si occu- pava dei bambini lavandoli, pettinandoli e procurando loro cibo e cure». La madre di un sacerdote domenicano testimo- nierà: «La grande differenza tra Edith Stein e le altre internate stava nel suo silenzio. La mia impressione è che fosse estre- mamente afflitta ma no angosciata. Dava l’impressione di dover portare una tale massa di sofferenze che, anche quando le capitava di sorridere, era ancora più rattristante. Mentre sto scrivendo questo, mi viene il pensiero che prevedesse ciò che sarebbe successo, a lei e agli altri. Soprattutto era l’unica ad essere scappata dalla Germania e perciò ne sapeva più delle altre. Ma, ancora una volta, non è che una mia impressione: pensava alla sofferenza che prevedeva, ma non alla pro- pria, perché era troppo in pace per questo: solo alla sofferenza che riguardava gli altri. Tutto il suo modo di fare risvegliava in me un pensiero e me la vedo ancora davanti, seduta nella baracca: una Pietà senza Cristo».

6 agosto 1942. Ultima lettera: «Westerbork, Baracca 36, 6.8.1942 - Cara madre, domani mattina parte il primo con- voglio (Slesia o Cecoslovacchia?). Le cose più utili da procurarci sarebbero: [...] A me piacerebbe avere anche il prossimo volume del breviario (finora ho potuto pregare meravigliosamente). Le nostre carte di identità, i certifi- cati di origine e le tessere del pane. Mille grazie, saluti a tutte. Sua grata figlia T.»

7 agosto 1942. Efith e Rosa salgono su quel treno e ad alla fermata di Schifferstadt, una ex allieva delle domenicane di Spira, si sente chiamare da un vagone e intravvede, allo sportello di un vagone piombato, la sagoma della sua ex insegnante che le dice: «Saluti le suore di Spira, dica loro che sono in viaggio verso l’Est ...»

9 agosto 1942. Est è Auschwitz. Al campo, scesi tutti dal treno, dopo una veloce selezione furono trattenuti un pic- colo gruppo di soli uomini robusti abili al lavoro, altri (tra le quali Edith e la sorella Rosa), furono fatte risalire sul treno. Si seppe che coloro che risalivano venivano con il treno portate immediatamente alle camere a gas, dove le due sorelle insieme ad altri religiosi morirono lo stesso giorno. Quando qualche giorno prima, uscirono dal Carmelo di Echt, prendendo la sorella per mano, Edith le disse: «Vieni, andiamocene per il nostro popolo».

1° maggio 1987beatificazione a Colonia; 11 ottobre 1988 dichiarata Santa da Giovanni Paolo II. 10 ottobre 1999 Gio- vanni Paolo II proclama S. Teresa Benedetta della Croce, S. Brigida di Svezia e S. Caterina da Siena compatrone d’Europa.