edith stein 2Edith Stein nasce a Breslavia (allora in Germania, ora in Polonia) nel 1891 undicesima e ultima figlia, in una famiglia di stretta osservanza ebraica. A 2 anni rimane orfana di padre, e la madre, donna forte e animata da una profonda religiosità, prende in mano le redini della numerosa famiglia. Fin da piccola, Edith si dimostra una bambina dotata di grande intelligenza. Il suo percorso di vita è fatto però di interrogativi, di incertezze, di domande. Verso i 15 anni decide di abbandonare la fede ebraica perché non le riesce di creder in Dio diventando completamente atea. Inizia così la sua ricerca della verità, (intesa come sviluppo della conoscenza) e verso la difesa della dignità della donna.

 

Nel 1910 (19 anni), dopo aver concluso brillantemente gli studi liceali, si iscrive – unica donna in quell’anno – all’Università di Breslavia, alla facoltà di storia e psicologia del pensiero: attraverso lo studio della psicologia e della filosofia ricerca la verità. Edith ha un ruolo molto attivo nella vita sociale del suo tempo, impegnandosi in particolare per la difesa della parità delle donne, per il loro diritto di voto, e per la loro partecipazione alla vita sociale e politica. Questo sarà un argomento si cui torneremo anche più avanti perché Edith, dopo la sua conversione, saprà sviluppare una visione alta del ruolo della donna nella storia, nella società e nella Chiesa, arrivando ad elaborare una vera e propria “teologia della donna”.


Nel 1913 (22 anni) Edith si trasferisce all’Università di Gottinga, vera città universitaria, dove fa un incontro determinante, quello con il filosofo Edmund Husserl, fondatore della fenomenologia, il cui celebre principio è che, per scoprire la verità, occorre aderire alla realtà, ai fenomeni, così come si presentano. Edith non può allora non lasciarsi interrogare da alcuni “fenomeni” che si manifestano negli eventi della sua vita.

Nell’agosto 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, presta il proprio servizio come crocerossina volontaria, entrando in contatto col mistero della sofferenza e della morte. In quegli anni, poi, stringe amicizia con Max Scheler e con Adolf Reinach, due filosofi convertiti, l’uno al cattolicesimo, e l’altro al protestantesimo, e comincia a conoscere un mondo fino ad allora sconosciuto per lei, che la spinge a cercare oltre. Il suo primo incontro conCristo non avviene quindi attraverso le letture o lo studio, ma attraverso il contatto con le persone che portano nella loro vita l’amore per Gesù, e che, inconsapevolmente, diventano per lei pagine viventi del Vangelo. Per Edith è un’esperienza determinante quella di scoprire che la fede in Gesù crea vincoli di amicizia vera tra le persone e dona una capacità profonda di amare.
C’è poi un episodio che la segna profondamente. Durante una sua visita - per motivi esclusivamente artistici – in una chiesa, vede entrare una donna col cesto della spesa a pregare, e ne rimane profondamente colpita, come racconterà lei stessa: “La cosa mi parve strana. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti che avevo visitato si entrava soltanto per le funzioni religiose. Nel vedere invece che qui la gente entrava tra un’occupazione e l’altra, come per andare a un colloquio confidenziale, rimasi colpita a tal punto che non mi riuscì più di dimenticare quella scena”. Ecco la prima scoperta di un Dio che si fa vicino all’uomo, nella quotidianità dell’esistenza. Non un Dio lontano, ma un Dio vicino all’uomo, che cammina con lui ogni giorno.

Nel 1916 (25 anni) Edith discute la tesi di dottorato laureandosi con il massimo della lode, sul tema dell’empatia, intesa come un cogliere l’esperienza emotiva e cognitiva con l’individuo con cui si entra in contatto, per sentire dentro se stessi la verità dell’altro. Di lì a poco diventa stimata assistente del suo maestro Husserl. Ma Edith non è soddisfatta. Husserl è molto esigente e la riempie di lavoro, richiedendo una dedizione quasi completa a lui. Sono anni segnati dalle sofferenze della guerra, dalla distruzione e dalla morte che bussa anche alla porta di Edith, quando Adolf Reinach, suo amico filosofo, muore in guerra. Lui e la moglie Anna, entrambi ebrei e grandi amici di Edith, si erano convertiti da poco al protestantesimo. La giovane vedova chiede ad Edith di aiutarla a sistemare gli scritti filosofici del marito, ma Edith prova un estremo disagio nel dover andare in quella casa amica, convinta che l’avrebbe trovata piena di disperazione, sprofondata nell’ombra della morte. E invece scopre in quella sua amica divenuta vedova, la serenità e la pace che, anche nella sofferenza, arrivano dalla fede. Ammira la grande fede di quella donna, che dice: “Una volta entrati nella comunione con Cristo, ci condurrà Lui dove vuole!”. Quello è per lei uno degli eventi che le cambia la vita, come lei stessa racconta: “Fu quello il mio primo incontro con la croce. La mia prima esperienza della forza divina che la Croce dà a coloro che la abbracciano. Per la prima volta contemplai in tutta la sua luce la Chiesa nata dalla passione di Cristo e vittoriosa sulla morte. In quel momento andò in frantumi la mia incredulità, e si levò nel mio cuore la luce di Cristo: Cristo nel mistero della sua croce”. Inizia così per Edith un lungo travaglio interiore, per poter accettare e accogliere nella sua vita l’esistenza di Dio che è Amore e che, nel donarsi per amore sulla croce, si rivela vicino in modo unico a ogni persona.