Continuiamo la “storia a puntate” della vita di Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein): oggi vorremmo raccontare Edith come donna, insegnante, educatrice, filosofa appassionata e desiderosa di far incontrare a ognuno la Verità che è Cristo.


VITA DI EDITH STEIN, 3a PARTE: LA PASSIONE PER LA VERITÀ (1922-1933) - assistente di E. Husserl all’Università di Friburgo -

Dal 1922 al 1933 (31-42 anni) Edith si dedica con passione all’insegnamento, allo studio, all’attività filosofi- ca, cercando di essere, nel suo impegno quotidiano, uno “strumento di Dio”, come scrive lei stessa: “Se una persona viene da me, vorrei condurla da Lui”.

Insegna tedesco presso la Scuola Magistrale e il Liceo delle Domenicane a Speyer (città nel Sud Ovest della Germania), dove studiano ragazze che diventeranno poi insegnanti. Ma la formazione, come è intesa da Edith, va ben al di là di una semplice materia da far apprendere. Con la sua sensibilità, la sua dedizione, e la sua serenità, instaura relazioni profonde con le sue alunne, che vedono in lei un esempio vivente, capace di nutrire la loro anima più di tante parole. La sua grande forza di volontà, che la fa essere esigente verso se stessa e verso di loro, le sprona a dare il meglio, in una crescita armonica della persona. È come se l’anima di Edith, formata dalla Parola di Dio e dall’Eucaristia, continuasse, in ogni momento, ad educare come educa la Scrittura cioè ad essere dono come il Corpo di Cristo, per formare delle persone autentiche, chiamate a riscoprire l’originaria vocazione umana: essere immagine di Dio, essere sempre più simili a Cristo. E così si vede la realtà e gli altri con il suo Sguardo, nella quotidianità si ama con il suo Cuore, e si seminano ogni giorno segni di Bellezza. Edith, in quegli anni, si dedica poi in modo appassionato all’opera filosofica di San Tommaso, traducendo e commentando uno dei suoi trattati fondamentali, il “De veritate” (Sulla verità)

Dal 1928 al 1933 tiene numerose conferenze in patria e all’estero, soprattutto sul tema della donna. La sua accurata riflessione non è astratta o puramente intellettuale, ma sempre relativa all’aspetto educativo e formativo che le sta a cuore. Unisce così il suo bagaglio di conoscenze filosofiche alla sua esperien- za di insegnante e alla sua attenzione per i temi sociali e politici. La sua fede in Cristo permea ogni sua riflessione, come dice lei stessa: “In fondo, ciò che devo dire è sempre una piccola, semplice verità: come imparare a vivere con la mano nella mano del Signore”.

Edith - che aveva subito una dolorosa discriminazione, non avendo potuto intraprendere la carriera uni- versitaria a quel tempo inaccessibile ad una donna - tuttavia non si concentra sulla questione della parità tra uomo e donna, o sull’emancipazione femminile. Va oltre un orizzonte puramente individualistico e preoccupato di rivendicare dei diritti, e offre una nuova e originale prospettiva per quel tempo (anche all’interno della Chiesa). Aiuta cioè a riscoprire la bellezza di vivere sempre più la complementarietà tra uomo e donna; porta alla luce il valore della femminilità, che intrinsecamente ha in sé il dono della maternità, fisica e spirituale. In questo modo la donna si rivela capace di custodire la vera umanità, di difenderla e di condurla al suo pieno sviluppo. È la fecondità della donna che, nella sua capacità affettiva, vivendo l’empatia, assume su di sé il vissuto dell’altro. Così offre il proprio contributo in ogni ambito della vita: nella famiglia, nell’istruzione, nel lavoro professionale, nella società, nella Chiesa. Un contributo di riflessione e di prassi.

Edith guarda a Maria come il modello di donna, il prototipo della perfetta femminilità. E così, dice Edith, “nella sua vocazione soprannaturale, la donna è scelta a personificare, nello sviluppo più alto e più puro della sua essenza, l’essenza stessa della Chiesa, ad essere il suo simbolo. Questa “teologia della donna”, elaborata in modo straordinario, anticiperà il cammino anche della Chiesa verso una maggiore consapevolezza del ruolo della donna, e sarà ampiamente ripresa nell’enciclica “Mulieris dignitatem” di papa San Giovanni Paolo II (agosto 1988), dando l’imprimatur della Chiesa a ciò che Edith – più di cinquant’anni prima – con lasuapassionedidonna,avevasaputocogliereetestimoniare. 

(continua)